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Genitori, Insegnanti, Educatori

Giocare con l’attenzione… per apprendere meglio!

Quando i bambini arrivano all’ultimo anno della scuola dell’infanzia per molti genitori scatta una preoccupazione molto comune che è quella dell’appropriata preparazione alla scuola primaria.

È un fatto che, mossi da questo pensiero, molti adulti inizino così a proporre ai bimbi giochi di alfabetizzazione, prescrittura e precalcolo quando sono ancora molto piccoli.

Pedagogia e Neuroscienze sono però concordi nel mettere in guardia le famiglie da queste premature esposizioni agli apprendimenti che, nella loro inadeguata precocità e discutibile metodologia, rischiano oltretutto di risultare deleterie per gli effetti emotivi negativi che possono generare.

È altrettanto vero però che effettivamente esistono dei prerequisiti agli apprendimenti scolastici, e che proporre esperienze di gioco che li sviluppino è da ritenersi una buona prassi educativa.

Il punto centrale della questione quindi è… quali attività proporre ed in che modalità?

I prerequisiti fondamentali agli apprendimenti scolastici sono sia il possesso di buone competenze emotivo-relazionali, che si sviluppano nell’esperienza di gioco condiviso e nelle relazioni sociali; sia il possesso di buone competenze motorie, le quali si affinano nelle esperienze psicomotorie che i piccoli sperimentano dalla nascita e durante tutto il periodo della loro crescita. Le attività di gioco che potenziano i prerequisiti sono dunque in gran parte connesse con esperienze naturali di gioco vissute da ogni bambina ed ogni bambino all’interno del contesto famigliare e sociale. Nel gioco condiviso con l’adulto e con i pari il bambino si confronta con le capacità linguistiche, di ragionamento e in particolare di problem solving, allenando così contemporaneamente anche la propria creatività e ancora, si cimenta nella cosiddetta “teoria della mente” ossia con la capacità di assumere la prospettiva dell’altro. Quando l’adulto gioca con il/la piccolo/a quindi può tastare il terreno per captare quanto queste capacità stiano evolvendo. E quando appunto dovesse accorgersi, rimanendo nella metafora campestre, che il terreno è secco, allora sarà suo compito concimarlo e irrigarlo perché possa divenire sempre più fertile. Sostenere le competenze dei piccoli però non significa “bombardarli” di attività di gioco cognitive molto sterili dal punto di vista dell’investimento affettivo, ma piuttosto partire dai centri di interesse del bambino per allargare in maniera naturale sia i suoi interessi che le sue capacità.

Ed il sistema attentivo-esecutivo?

C’è poi un altro ambito importantissimo legato agli apprendimenti scolastici ed è quello del sistema attentivo-esecutivo, ossia quel sistema mentale adibito alle capacità attentive e cognitive complesse quali l’autoregolazione emotiva, la pianificazione degli scopi da raggiungere, la capacità di inibire le risposte impulsive, la flessibilità nell’adattarsi alle situazioni e agli stimoli che ci circondano, l’attenzione focalizzata e la memoria di lavoro.

In un recente studio condotto su 105 alunni della scuola primaria è stato infatti verificato che potenziare il sistema attentivo-esecutivo dei bambini porterebbe al raggiungimento di un maggior grado di automatizzazione, espresso attraverso una maggior accuratezza delle performance, nella lettura, nella scrittura e negli aspetti del calcolo (Veneroso et al., 2018). 

Ma nel concreto quindi come può un genitore aiutare il proprio piccolo a potenziare questo sistema mentale?

Ancora una volta la risposta si trova nel gioco! In particolare si tratta di giochi cosiddetti “attiva-mente”, ovvero attività che vanno a lavorare sull’attivazione volontaria dell’attenzione e che possono variare sia nell’intensità che nella complessità della proposta.

Facciamo qualche esempio: sono giochi “attiva-mente” quelli in cui l’adulto con una mano compie semplici azioni che la bambina o il bambino deve ripetere a velocità sempre più sostenuta (ma sempre secondo le capacità del bambino/a: il compito cioè non deve mai essere né troppo complesso, altrimenti l’attenzione viene stressata anziché allenata, con la conseguente perdita di motivazione nella realizzazione da parte del piccolo/a; né troppo semplice, altrimenti inizia ad annoiarsi e quindi si deconcentra).

Un’altra modalità ludica molto semplice, è quando il genitore mette la mano a pugno e il bambino mette la mano a pugno, oppure il genitore apre la mano e il bambino ripete. Lo stesso gioco può essere svolto chiedendo al bambino di compiere il contrario di quello che vede fare al genitore: quindi se la mano di papà è chiusa a pugno, il bimbo la dovrà tenere aperta e viceversa.

Un altro gioco è quello di far contare a colpo d’occhio il numero delle dita mostrate dalla mano del genitore, il quale velocemente cambierà il numero della dita mostrate.

E ancora… largo alla fantasia! A corpo libero molto divertente può essere quello di toccare in sequenza alcune parti del corpo del bambino o della bambina e quest’ultimo/a dovrà ricordarle nell’ordine temporale corretto, es: spalla, testa, ginocchio ecc.; oppure poi si può chiedere di ripetere le parti toccate a ritroso (in questo caso il compito è molto complesso quindi è bene non toccare più di due parti inizialmente).

Altre attività “attiva-mente” possono invece essere fatte con delle carte da gioco, e anche qui in commercio se ne trovano tantissime. Ma per chi avesse voglia di costruirsi i propri materiali si possono preparare delle bellissime carte “fai da te” dove su sfondo colorato si scrivono dei numeri, o delle lettere, (o nel caso in cui i bambini non conoscessero ancora i nomi delle lettere ne dei numeri si possono mettere degli animali) e a quel punto si chiederà ai bambini di nominare il colore che vedono se la carta ad esempio è di colore rosso, oppure di nominare il numero quando la carta è blu; questo tipo di gioco definito di doppio compito, allena una particolare abilità esecutiva che è quella della flessibilità, che come si diceva sopra è un’abilità molto importante per saper gestire e adattarsi agli stimoli che ci circondano.

Ancora altre proposte che si possono fare, coinvolgendo grandi e piccini, sono gli intramontabili giochi in legno di problem solving come ad esempio il “tangram”, ossia quel gioco in cui partendo da un’immagine stimolo il giocatore deve ricomporla utilizzando delle forme geometriche (per i più piccoli esiste la versione con le forme più grandi e colorate, fino a tangram di complessità sempre maggiore dove le forme assumono dimensioni ridotte e sono monocolore di modo da escludere la facilitazione cromatica). E ancora il “klik-klak” gioco in legno dove attraverso particolari movimenti delle mani compaiono forme e oggetti differenti.

Insomma le attività ludiche per potenziare i prerequisiti sono davvero moltissime e non resta che mettersi a giocare. A patto di rispettare un’unica regola però: far si che il gioco proposto e vissuto con il bambino o con la bambina non sia un momento di verifica ma piuttosto un’occasione di autentico divertimento… perché solo dove c’è motivazione c’è apprendimento!

E allora… largo alle sperimentazioni! Buon gioco a tutti e tutte!

A cura di Dott.ssa Marina Pavesi, Pedagogista, Formatrice e Psicomotricista presso Studio di Psicomotricità “La Capriola”.

Bibliografia

  • Benso F.,2018, Attenzione esecutiva, memoria e autoregolazione. Una riflessione neuroscientifica su funzionamento, assessment, (ri)abilitazione, Firenze, Hogrefe Editore.
  • Boscolo P., 2012, La fatica e il piacere di imparare. Psicologia della motivazione scolastica, UTET, Torino.
  • Goleman D., 2020, Intelligenza emotiva. Che cos’è e perchè può renderci felici, BUR, Milano.
  • Lucangeli D., 2020, Cinque lezioni leggere sull’emozione di apprendere, Erickson, Trento.
  • Pavesi M., 2021, A settembre andrà in prima, www.uppa.it.
  • Veneroso C., AA. VV., 2018, Favorire gli apprendimenti nella scuola primaria con l’utilizzo di tecniche di attivazione del sistema attentivo-esecutivo, in <<RicercAzione>>, Vol. 10, n. 2, pp. 135-148.

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