La Sacralità delle domande
A cura di Fiorella Bonsi, Educatrice Montessori, Educatrice Yoga e Mindfulness, con formazione in educazione e psicologia prenatale e perinatale e laureanda in Scienze Pedagogiche.
“Maestra ma dove si va quando si muore?”
“Maestra ma sai che la mia mamma aveva un bambino nella pancia e ora non ce l’ha più?”
“Maestra lo sai che dico le preghiere con la mamma così il mio fratello inizierà a parlare?”
“Maestra ma a cosa serve l’ombelico?”
Sono alcune delle molte domande che abitano lo spazio ed il tempo costruito e condiviso con le bambine ed i bambini durante questi anni di servizio all’infanzia.
Interrogativi che a volte arrivano come un fulmine a ciel sereno, sperimentando un senso di disorientamento e inadeguatezza a trovare la risposta giusta e immediata; ho avvertito così negli anni un gran bisogno di “mettermi al riparo” e al contempo di trovare strumenti che potessero sostenermi e legittimarmi a navigare in acque sconosciute, quelle in cui spesso ci conducono i bambini e le bambine, quotidianamente.
Le radici della conoscenza
Il domandare delle bambine e dei bambini è la naturale espressione del loro profondo desiderio di conoscere, di comprendere e di ricercare qualcosa di grande. A noi, in qualità di custodi dell’infanzia, spetta il compito di essere presenti e sostenerli in questa ricerca, creando e offrendo occasioni di ascolto e di condivisione.
Alcune sollecitazioni che riceviamo possono farci sentire scomodi/e ma rappresentano anche una preziosa occasione per rimetterci in cammino, per tornare a rintracciare quelle zone d’ombra che ci abitano, quei tasti che fanno un po’ male, quelle parti autobiografiche con cui non abbiamo più fatto i conti, quegli interrogativi che abbiamo smesso di porci.
Per rispondere al bisogno e al diritto delle bambine e dei bambini a ricevere risposte oneste, che lascino spazi in cui possano entrare con le loro interpretazioni e ipotesi, è necessaria una postura coraggiosa e accogliente, verso chi abbiamo di fronte e verso noi stessi/e.
La dimensione spirituale e quella filosofica richiedono una cura particolare, una cura che permetta di coltivare lo stupore e la meraviglia, motori della sapienza. Una cura che sostenga lo sviluppo interiore del bambino e della bambina, che dia voce al pensiero magico che li abita, alle emozioni che sentono e a cui possono aver difficoltà a trovare un nome e una collocazione, allo spirito critico e alla sete di conoscenza che li anima. È prezioso poter mostrare loro concretamente che la dimensione spirituale è degna di attenzione, tempo, spazio e ricerca e questo si traduce nel mostrare e condividere senza vergogna le nostre pratiche, come il pregare, il meditare, il contemplare o il commuoversi. È col nostro esempio che mostriamo ai bambini che questa dimensione è fondamentale per la vita.
Ciò che ho sperimentato in questi preziosi anni è che l’infanzia ci chiede di allenare e conservare la freschezza dello sguardo, di coltivare la speranza e di rispondere con onestà di fronte al mistero.
L'arte del saper so-stare nell'incertezza
Il passaggio mentale che siamo chiamati e chiamate a fare è quello di uscire dal binomio giusto/sbagliato, di pensare di dover avere una risposta ad ogni cosa e nell’immediato. Anzi, le conversazioni socratiche ci insegnano quanto valore risieda nella domanda ed è proprio da questa che si possono aprire ed esplorare piste inedite. Attraverso l’impiego di domande, si può restituire la parola alle bambine e ai bambini, i quali a loro volta potranno fare esperienza della ricchezza della conversazione, in cui non necessariamente qualcuno deve aver ragione o detenere la verità, ma semplicemente poter esprimere il mondo di credenze, di vissuti e stati d’animo che li abita.
Conversare per stare in ascolto, di sé e dell’altro.
Certamente a noi educatori ed educatrici spetta la grande sfida di rischiare di uscire dalla propria confort zone, di produrre vuoto fecondo e alimentare il desiderio di conoscere e di potersi anche permettere di rivelare di “non avere una risposta”. Non dobbiamo dare una risposta per forza, ma metterci nella postura di chi cammina insieme ai bambini e alle bambine, possiamo permetterci di so-stare coi bambini dentro la stessa domanda, aprirci alle ipotesi che solo loro sanno donarci. Al contempo siamo anche chiamati/e a contenere emozioni e interrogativi sulle grandi domande di senso, accompagnando nell’esplorazione della propria dimensione interiore. Quando le bambine e i bambini incontrano qualcosa che ancora non conoscono, se da una parte possono provare estrema curiosità, dall’altra potrebbero avvertire un senso di smarrimento e di timore ed è perciò importante rimandare loro la nostra presenza, il messaggio tanto caro all’infanzia:
“Ci sono e sono qui con e per te”.
Educare è...
...prendersi cura dell’altro/a, aiutare a fiorire (utilizzo qui concetti cari a Luigina Mortari, docente universitaria, ricercatrice e scrittrice in ambito pedagogico e filosofico) nella sua essenza e unicità, in modo autentico. In questo modo si potrà trovare il proprio posto nel mondo, si potrà dare voce alla propria storia, alla missione che siamo chiamati e chiamate a compiere in questa vita.
“Sacro non è raccontare
Ciò che sai
Ma quello che ti commuove
E non sai perché”
Franco Arminio_Sacro Minore.