Il sostegno alla genitorialità
Nell’enciclopedia Treccani il verbo sostenere significa “tenere sollevata una cosa o una persona sopportandone il peso dal di sotto… perché non cada… resistere senza essere vinto o sopraffatto”.
Queste parole a mio avviso fanno riflettere molto su quanto sia importante che i genitori trovino sostegno, soprattutto al giorno d’oggi.
Spesso sentiamo la frase “per crescere un bambino ci vuole un intero villaggio”, ripresa da un antico proverbio africano. Questa frase mette d’accordo i professionisti che a vario titolo si occupano dei bambini, delle bambine e delle loro famiglie, nonché i genitori stessi.
Genitorialità e cambiamento
I cambiamenti che la genitorialità comporta sono vari e sfaccettati, riguardando l’identità del soggetto stesso coinvolto, il quale non si troverà più nel ruolo di figlio o figlia, ma in quella di adulto di riferimento di una nuova vita.
Le responsabilità che si deve assumere un genitore sono tante e spesso rischiano di farlo sentire in colpa per le proprie scelte, idee e comportamenti. Il senso di inadeguatezza spesso attanaglia i neogenitori che si trovano spaesati di fronte al piccolo neonato che piange o alle differenti sfide educative che si attraversano con i più grandi.
Bambini e bambine, si trovano a dover superare sfide e tappe di crescita naturali per il loro sviluppo psico-fisico ed emotivo, ma questo non vuol dire che i genitori non facciano comunque fatica!
Per questi motivi, è assolutamente normale che il genitore si senta sopraffatto per una serie di ragioni personali, emotive e sociali: capita a tutti di sentirsi così e può essere pesante e diventare difficile da gestire.
La fatica educativa delle famiglie
Purtroppo, nella società attuale le famiglie sono sole, isolate e spesso bombardate da una serie infinita di consigli, spesso non richiesti, indicazioni o addirittura metodi che le dovrebbero aiutare a diventare le “brave” mamme o i "bravi" papà che ci si aspetta debbano essere.
Questo può mandare ulteriormente in confusione i genitori, alimentando ancora di più il senso di colpa e di inadeguatezza.
Nella mia personale esperienza di professionista e mamma ho incontrato tantissime persone che si sono permesse di giudicare quello che stavo facendo (o non stavo facendo) con il mio bambino. Questo mi ha portata spesso a riflettere su quanto sia difficile riuscire ad essere genitori nel 2021: la nostra generazione si sta interrogando molto sul modo di educare i/le bambini/e e di come poterlo fare al meglio, rispetto alle generazioni precedenti (per le quali sembrava non porsi il problema o non ci fosse comunque una riflessione riguardate il dubbio educativo).
Ho pensato spesso a quello che può provare una neomamma che per la prima volta si approccia al suo bambino ed ha paura di sbagliare, magari non sapendo molto di come "funzionino" i più piccoli.
Vorrei rassicurare i genitori, che anche per un professionista, non è sempre tutto facile! Nella relazione con i propri figli entrano in gioco talmente tante variabili personali, emotive, psicologiche, socio-culturali e relative alla situazione nella quale ci troviamo, che sarebbe impensabile provare ad essere perfetti e infallibili. In realtà i bambini non ci richiedono di essere perfetti, ma di essere “sufficientemente buoni” (Winnicott). Capita a tutti di sbagliare qualcosa, magari non riusciremo a connetterci emotivamente ai nostri figli, ma questo non pregiudica ne tantomeno traumatizza la relazione.
Secondo la “regola dei terzi” basta rispondere per 1/3 delle volte sintonizzandosi con l’altro, in 1/3 dei casi vi può essere una rottura e nell’ultimo 1/3 delle volte possiamo riparare quello che non è andato a buon fine in precedenza.
Recuperare, riparare... e ripartire!
Sarà utile imparare a recuperare, riparare quello che abbiamo sbagliato. Questo sarà un importante insegnamento anche per i nostri bambini e bambine, che non per forza dovranno essere sempre perfetti o come noi ci aspettiamo che debbano essere, ma potranno sentirsi liberi di sbagliare, sapendo che vi è una seconda possibilità. Tutto questo può anche far sentire i nostri figli accolti per come sono, lasciandoli liberi di esprimere loro stessi, le loro attitudini, interessi e gusti.
Un primo passo, quindi, è lavorare sulle aspettative: prima nei confronti dei piccoli e poi nei confronti del nostro ruolo genitoriale. Alle volte abbiamo davvero degli standard eccessivamente alti ed irraggiungibili, che inevitabilmente si infrangono con la realtà della vita reale.
Iniziare ad accogliere le nostre fragilità, perplessità ed errori, senza essere troppo severi con noi stessi, ma provando con consapevolezza e impegno a lavorare su quello che non ci piace, può essere un ottimo inizio per una genitorialità più matura e rispettosa.
Sigmund Freud disse: "I mestieri più difficili in assoluto sono nell’ordine, il genitore, l’insegnante e il terapeuta”. Per quanto riguarda il ruolo del terapeuta e quello dell’insegnante, abbiamo a che fare con due professionisti, con dei percorsi di studio alle spalle, esperti quindi nel ruolo che rivestono. Per il genitore invece, non vi è la possibilità di "studiare, provare, allenarsi anticipatamente", ma vi è l'opportunità di informarsi, avvalersi dell’aiuto e del supporto di professionisti, nonché di confrontarsi con altri genitori che stanno attraversando e vivendo situazioni simili alle nostre. Tutto questo può essere fonte di grande sostegno, cooperazione e mutuo aiuto, a patto che queste persone sospendano il giudizio.
Per questo motivo, nella mia pratica professionale e con i percorsi “Cantami o Mamma”, uno degli obiettivi principali è quello di far sentire accolti ed ascoltati tutti i genitori. I gruppi di sostegno, i corsi, i professionisti che accompagnano le famiglie durante questo cammino, possono essere una grande risorsa e ricchezza, per restare uniti e non avere la sensazione di essere lasciati soli nei momenti di difficoltà, ma anche nelle esperienze meravigliose da condividere.
A cura di Dott.ssa Chiara Povoleri Tolomei, Psicologa, Educatrice e Operatrice certificata “Cantami o mamma”.
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