Chi è il Media Educator? Lo scopriamo insieme a Giorgio Cipriani!
A cura di Dott.ssa Martina Pinaroli, Pedagogista, Formatrice ed Educatrice
e Dott. Giorgio Cipriani, Formatore e Pedagogista esperto in Media Education
Chi è il Media Educator? Che tipi di competenze possiede ed in che ambienti lavora principalmente?
Lo scopriamo qui, nella nostra intervista con il Dott. Giorgio Cipriani.
“Ben ritrovato Giorgio, grazie per il tempo che spenderemo insieme oggi. Abbiamo avuto moltissime richieste nel tempo in merito al chiarimento del tuo lavoro, ovvero, di che cosa ti occupi e che ruolo ha questa figura professionale nella società attuale.”
“Mi occupo di Media Education, educazione ai media, con i media ed attraverso i media, soprattutto nell’ultimo periodo riguardo internet. Quindi rapporto tra ragazzi e internet, ma non solo! Anche tra genitori-ragazzi-internet. Cerco di prendere in considerazione questi aspetti e quali sono le sfide che il digitale ci porta perché purtroppo non c’è una direzione unica o indicazioni, in realtà tutto si sta scoprendo. Se la tecnologia è veloce (e di questo, ce ne rendiamo conto ogni giorno), di conseguenza va anche di pari passo l’educazione a questa tecnologia. Quindi è una sfida continua. Capire dove siamo, dove sono i ragazzi e capire come questi strumenti possano essere utili nel rapporto con loro.
“Che tipo di formazione hai Giorgio?”
“Sono laureato in Scienze dell’Educazione, poi un Corso di perfezionamento alla Cattolica sulla Media Education ed ho concluso da poco un Master in Psicologia dei media presso il minotauro a Milano.
Faccio parte del CRU9, ovvero Cyber Relationship che nasce nel distretto Ovest Veronese dell’Ulss 9 Scaligera all’interno del Servizio Educativo Territoriale (SET). Cliccando qui potrete accedere al link per ulteriori approfondimenti, essendo una tematica vasta e davvero interessante, non solo per le famiglie, ma per tutti i professionisti che si occupano di educazione.
“Mi piace poter sottolineare questo aspetto perché ad oggi in molti purtroppo si improvvisano esperti del settore educativo-digitale, ma per trattare questo tipo di dinamiche servono competenze specifiche e studi mirati. Sarebbe fondamentale per ogni scuola poter avere un esperto di questo tipo nell’equipe dei professori. Qual è la fascia d’età con cui lavori prevalentemente?”
“Dalla quinta elementare, perché quando inizio la mia attività nelle scuole, solitamente quello è il momento più indicato. Lo scorso anno in realtà è stata attivata un’esperienza già con le quarte, davvero interessante, però il taglio lavorativo è totalmente differente: si riescono a fare con loro alcune riflessioni, portano i loro vissuti, ma generalmente questo tipo di lavoro ha una maggior realizzazione con le quinte e con i ragazzi e ragazze delle medie (scuola secondaria di primo grado), li c’è da lavorare molto su questo aspetto.
La cosa bella di questo lavoro è che bambini e bambine, ragazzi e ragazze, parlano moltissimo e devo dire che in queste circostanze io sono prevalentemente in una posizione di ascolto e cerco di fare delle domande che siano un po’ da stimolo. E qui, ti portano i loro vissuti, i video che guardano su YouTube, piuttosto che i giochi che in quel momento sono di moda e che stanno vivendo, è sempre molto stimolante.
Di fatto, soprattutto in prima media (ma qualcuno già dalla quinta elementare) arriva il momento in cui viene regalato il cellulare: da qui iniziano le sfide. La cosa interessante è che c’è un prima e un dopo: la tappa smartphone segna veramente uno “step”, un cambio per quanto riguarda anche le modalità educative dei i genitori."
“Come vedi i genitori di oggi riguardo questa tematica? Sembrano attenti, fiduciosi o spaventati? Cercano delle risposte, sanno a chi rivolgersi se hanno bisogno di un aiuto per capire come gestire l’utilizzo dei media e della tecnologia con i loro figli e le loro figlie?
“C’è chi non si preoccupa affatto, perché considera questo aspetto una normalità che viene vissuta nel quotidiano, che è vero per certi aspetti, ma va comunque normata. C’è chi è particolarmente spaventato e vede solo i lati negativi della tecnologia e c’è chi cerca di trovare una posizione equilibrata ragionando sugli aspetti più critici o che comporteranno delle difficoltà.”
“Uno dei crucci educativi odierni è che ai genitori di oggi manca l’aspetto dell’educazione ai media perché di fatto non lo hanno sperimentato in prima persona da bambini/adolescenti, interfacciandosi con questa realtà solo da adulti.”
“A livello generale spesso vengono in cerca di aiuto quando nasce il problema, difficilmente la ricerca delle informazioni avviene prima, poi abbiamo anche una minoranza di adulti che si documentano in anticipo magari leggendo qualcosa, quantomeno per far emergere delle domande. Purtroppo, alle volte diventa più importante rendere il figlio uguale agli altri sull’essere dotati dei dispositivi digitali più che capire cosa c’è dentro quei dispositivi. Oggi ci si focalizza sullo smartphone, ma ragazze e ragazzi di oggi sono connessi con qualsiasi cosa: sulla Playstation c’è la modalità “Party” che ti permette di parlare con altre persone, sul Pc troviamo Meet, Skype, Discord, quindi i momenti in cui ci si può collegare con gli altri sono estremamente facili. Il cellulare forse diventa uno spazio un po' più privato e “trasportabile”, ma non è certamente l’unico. A prova del fatto che ogni "novità" comporta nuove conoscenze, c'è per esempio l'arrivo delle criptovalute nel web, che hanno quindi modificato anche l'obiettivo ed il significato di alcuni tipi di giochi.
Senza negativizzare nuovi utilizzi, scopi e modalità delle piattaforme a cui abbiamo accesso, gli adulti di riferimento devono cercare di capire come funzionano queste nuove possibilità e come gestirle con i loro ragazzi/ragazze in termini di tempo, accesso, divieto e fiducia.
E a chi si rivolgono per chiedere aiuto? Il primo punto di riferimento è la scuola. La scuola è rimasta uno dei pochi ambienti di appoggio per le famiglie di oggi, perché rappresenta un luogo in cui altri adulti educano i ragazzi, quindi, i professori hanno un ruolo davvero importante, ancora di più rispetto che in passato.
Maggiormente gli insegnanti di oggi, oltre ad affrontare la propria disciplina, sono chiamati a gestire altri aspetti educativi della quotidianità dei ragazzi, specie in un momento in cui, nel caso dell’aspetto legato al digitale, le famiglie hanno pochi strumenti e anche quelli che hanno cambiano continuamente, perché seguono il flusso rapido della tecnologia, che evolve di continuo."
“Quindi mi sembra di capire che nel momento in cui la famiglia si trova in difficoltà, il primo aiuto lo rivolge proprio alla scuola. Ma le scuole hanno un Media Educator a cui appoggiarsi?"
“No, al contrario, sono poche quelle che hanno un Media Educator di riferimento. Ma l’importanza di questa figura professionale sta crescendo, perché può portare aventi dei progetti nelle classi ed entrare nel vivo della questione. Quando entro nelle scuole, i professori mi chiedono se possono rimanere in classe per assistere al lavoro che faccio con i ragazzi e ragazze e per me è importante che lo facciano. Quando inizio a parlare con gli studenti, si dimenticano letteralmente del professore alle loro spalle perché l’argomento trattato cattura l’interesse generale. Ed ecco…che si apre un mondo! Quando vedono che c’è un esperto che “parla la loro lingua”, nel senso che un po' ne sa dei loro interessi ed è curioso di ascoltarli, si aprono subito desiderosi di raccontare. Appena sentono il nome di uno Youtuber del momento o di un videogioco che seguono, ecco che allora si apre un grande canale di comunicazione che permette l’accesso alle problematiche che vivono e che fanno emergere tra i compagni/e. A volte da questi incontri scaturiscono degli spunti davvero interessanti e formativi per lo stesso Educatore. Mettere insieme esperienza e teoria è fondamentale, perché la realtà di cui parliamo e su cui riflettiamo sta in mezzo a loro."
“Siete un punto di riferimento anche per altri professionisti del settore: per esempio, se un pedagogista si trova a dover affrontare delle problematiche di questo tipo, se ha il supporto o addirittura la possibilità di far intervenire direttamente il Media Educator, tutto diventa più funzionale e l’intervento educativo più efficace. Qual è il tuo cavallo di battaglia, Giorgio?”
“Poter mettere insieme la parte tecnica e quella educativa è fondamentale, nel senso di conoscerle entrambe e farle funzionare insieme. Questa estate ho vissuto un’esperienza interessante, che può rendere l’idea di questo tipo di “fusione”. Mi sono occupato per un’intera mattinata con dei ragazzi e delle ragazze, dello smontaggio e rimontaggio di un computer. In questo modo, oltre al momento “esperienziale-tecnico” è passata anche l’idea che la persona che “parla” loro del digitale, ne sa per davvero perché possiede anche quelle competenze e quella passione che lo avvicina per davvero a questo mondo.
Altro esempio: io gioco ai videogiochi, perché è il mio lavoro. Come potrei parlare di questo argomento se non l’ho vissuto in prima persona? Viceversa, se avessi solo l’aspetto tecnico, non avrei le capacità di trasmettere il mio sapere educativo in modo relazionale e funzionale con i ragazzi.
Ultima cosa, ma non meno importante, sono un genitore anche io. Il fatto di essere padre di un ragazzo ora adolescente, mi ha permesso di sperimentare in prima persona le dinamiche ed il punto di vista del caregiver principale, della responsabilità educativa e delle sfide comunicative quotidiane in rapporto a questa tematica."